Restauro Villa Bernini Buri – Verona (VR)
RESTAURO CONSERVATIVO CON RECUPERO FUNZIONALE DELLA BARCHESSA NEL COMPLESSO DI VILLA BERNINI BURI
Brevi cenni storici:
È tradizione che abbia costruito la villa Gian Antonio Spolverini agli inizi del ‘600 su disegno di Domenico Brugnoli, nipote del Sanmicheli, ma sul luogo i Buri erano presenti già dal 1574.
La prima notizia della proprietà Buri si riferisce al dicembre 1738 quando il duca di Lorena e la consorte Maria Teresa, regina d’Ungheria e Arciduchessa d’Austria, giunsero con dame e cavalieri per “fare la quarantia di giorni vent’otto” richiesta dalla epidemia pestilenziale che si andava diffondendo a Verona.
Nel 1776 Girolamo Buri sposò Isotta Spolverini e dal loro matrimonio nacque Giovanni Danese Buri, che strutturò il parco a giardino all’inglese guadagnandosi l’encomio di intellettuali famosi ed esperti del settore come Ippolito Pindemonte e Luigi Mabil. Sono poche le notizie documentate sulla storia della villa. È certo che i Buri si dedicarono alla bonifica agraria e compirono importanti opere irrigue nella loro campagna. Una “rosta” che faceva parte dell’impianto irriguo della villa è entrata nel patrimonio folcloristico e poetico veronese. È parimenti certo che i Buri arredarono la loro dimora con eccezionale magnificenza, fissata sulla carta da testimoni oculari: Ronzani e Finetti per l’Ottocento, Centorbi per il Novecento. Un’altra notizia certa è che nel 1844 avvennero delle esercitazioni militari austriache, nei pressi del parco della villa, nelle quali venne compiuto anche il guado del fiume. Nel 1880 morì Girolamo, ultimo dei Buri ed i Bernini (la famiglia del genero) ne assunsero il nome.
La villa divenne salotto dell’aristocrazia del settecento, centro culturale nell’Ottocento e fiorente azienda agricola nel Novecento. In questo periodo il parco era popolato da un gruppo di daini. Nel 1921 l’ultimo conte che risiedette nella villa, Giuseppe Bernini Buri, si iscrisse al Partito Nazionale Fascista. A quel tempo il palazzo era nel pieno del suo splendore. Attorno al 1930, a detta della contessa Giuseppina Della Croce sorella del conte sopracitato, la villa conservava affreschi d’epoca riguardanti la storia della famiglia, una pala d’altare del Caroto, una Madonna con Bambino del Liberale, 6 fiamminghi di genere, 14 paesaggi del Porta e decine di ritratti di personaggi vari fra cui alcuni attribuiti al Longhi e alla sua scuola, mobilio settecentesco e ottocentesco di raro pregio, una ricca biblioteca e un archivio con manoscritti e pergamene, servizi di porcellana e cristallerie raccolti principalmente in Europa ed in Estremo Oriente. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, per otto giorni circa, dal 25 aprile ai primi del maggio successivo, fuggiti i tedeschi insediatisi in alcuni locali del palazzo, ancora sfollati i proprietari, la villa fu oggetto di saccheggio da parte della popolazione civile locale: vennero distrutti la biblioteca e l’archivio; venne asportato tutto il patrimonio artistico (comprendente 280 quadri circa); sparirono il mobilio e le suppellettili; il parco venne devastato e gli arredi sacri della cappella trovarono nuovi possessori. Il tutto è registrato dalla stampa e da una lapide in memoria di Giuseppe Bernini Buri posta nella cappella. Si salvò solo la pala d’altare del Caroto che venne donata al Comune di Verona dallo stesso Giuseppe Bernini Buri. Qualche oggetto fu faticosamente ricuperato presso ricettatori in Verona, Mantova, Brescia ed ora orna la dimora della citata contessa Giuseppina Della Croce. Successivamente la villa rimase proprietà dei Bernini Buri anche se non vi risiedevano. Nel 1951 villa Buri ospitò alcuni alluvionati del Polesine.
Tipo di intervento:
L’intervento prevedeva il restauro della parte lignea della copertura e dei solai, con il recupero di parte della travatura originale e sostituzione di quella ammalorata. Ripristino strutturale delle colonne dell’epoca e delle murature perimetrali. Isolamento della pavimentazione del piano terra con realizzazione di vespaio areato. Recupero architettonico di tutti i contorni originali come da indicazioni della soprintendenza.
























































































































